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WESTERN

Terra di nessuno

di Simone Scardaoni

Bovindo

Bovindo – racconti da leggere, autori da scoprire è la rubrica dedicata a chi desidera far conoscere la propria voce letteraria e condividere il piacere del racconto breve.
Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, Bovindo propone un nuovo racconto, scelto tra autori esordienti e scrittori già affermati, offrendo ai lettori uno sguardo privilegiato sulla narrativa italiana contemporanea: una finestra luminosa da cui osservare il mondo attraverso tante piccole grandi storie.
Gli autori interessati possono inviare all’indirizzo bovindo2025@gmail.com il proprio racconto indicando nome, cognome, luogo di residenza e contatto telefonico. I testi, in lingua italiana e a tema libero, non dovranno superare le quattro pagine (formato A4, file Word). Sono ammessi racconti editi o inediti, senza limiti di genere. Per ulteriori informazioni: cellulare 327 1371380. Bovindo è uno spazio aperto e inclusivo, dove la scrittura respira, il talento si riconosce e ogni voce trova il suo lettore.


Terra di nessuno

di Simone Scardaoni

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Stati Uniti, 1867
La Guerra civile è finita da due anni e gli americani si apprestano a ricostruire un Paese lacerato. Bande di fuorilegge imperversano in lungo e in largo negli Stati dell’Ovest: questa è la storia di uno di loro.

Atto I – Blackwood
Confine tra California e Oregon, 10 giugno 1867

«Devo trovare un posto dove seppellire questa dannata cassa.»
Questo pensiero tormentava la mente di John Henry Galloway, fuorilegge ed ex membro della banda di Jimmy Dalton. John aveva rubato ai suoi ex compagni una cassa di monete d’oro per un valore di cinque milioni di dollari e ora puntava ad andare il più lontano possibile da loro, per rifarsi una nuova vita. Aveva oltrepassato il confine a nord della California ed era arrivato nell’Oregon meridionale. Dopo un paio di giorni di cavalcata giunse nei pressi della cittadina di Blackwood: qui seppellì la cassa presso il cimitero, tra le lapidi di molti uomini morti durante la Guerra civile.
Entrato in città, si rifugiò in un saloon per rifocillarsi dopo il lungo viaggio e vide, con grande stupore, che lì dentro – oltre allo sceriffo, un uomo sui sessant’anni – c’erano solo donne.
«Una birra, per favore, madame» chiese alla donna dietro il bancone.
Lo sceriffo si avvicinò e domandò:
«Come mai da queste parti, ragazzo?»
«Avevo voglia di rifarmi una vita e respirare aria nuova» rispose John, sorridendo.
Lo sceriffo, con sguardo severo:
«Vedi di non portare guai da queste parti, chiaro? Non ne vogliamo.»
«Non preoccuparti, vecchio: sono un uomo tranquillo.»
«Fa’ che sia così…» ribatté, allontanandosi e uscendo dal saloon.
Pagata la birra, John trovò lo sceriffo fuori dal locale, in piedi a fumare un sigaro.
«Certo, sceriffo, non è strano che in questa cittadina ci siano quasi solo donne?»
«Io trovo strano che abbiamo vinto la guerra e perso ciò che avevamo di più caro.»
Breve silenzio.
«Sai se c’è qualcuno che offre lavoro da queste parti?» chiese John.
«Ora che ci penso, al ranch Moonlight cercano qualcuno per governare i cavalli. Puoi chiedere lì: si trova a mezzo miglio, verso ovest» disse, indicando la direzione.
«Grazie, mi chiamo John.»
«Io sono Nathan Burke. E vedi di non combinare guai finché ti troverai qui, John.»
«Sissignore.»
Al ranch, un uomo stava pulendo un cavallo con la spazzola.
«Salve, ho sentito che cercate una persona per governare i cavalli.»
«È vero, ma non siete di queste parti, sbaglio?»
«No, sono arrivato oggi e vorrei restare qui per un po’.»
«Allora puoi iniziare da domani. Ti faccio vedere l’alloggio. Io sono Raymond.»
«Io sono John, piacere mio.»
Mentre s’avviavano, John scorse una donna affacciarsi al balcone a guardare il sole al tramonto.
«Chi è lei?»
«Rachel MacKinnon, mia nipote. Suo padre, il proprietario del ranch, è morto due anni fa: da quel giorno non ha più sorriso. Erano molto legati.»
John la fissò, colpito dalla sua bellezza. Lei abbassò lo sguardo, vide John e rientrò in fretta.

Atto II – Una storia d’amore al chiaro di luna
Ranch Moonlight, 20 giugno 1867

Di buon mattino Rachel andò nelle stalle, prese la sua cavalla, Virginia, le mise sella e briglie e salì: voleva passeggiare sui sentieri vicino al ranch. Non ci riuscì: era nervosa e la cavalla non voleva muoversi.
«Dai, Virginia, cammina! Che ti succede?»
«I cavalli capiscono quando il cavaliere è nervoso e non si muovono» disse una voce.
Rachel alzò gli occhi e vide John, a pochi metri.
«Da quando non cavalcate più, Miss Rachel?»
«Due anni, da quando è morto mio padre. Andavamo sempre insieme.»
«Scendete un attimo: così si tranquillizza.»
Rachel obbedì. John accarezzò il muso di Virginia.
«Sia voi sia lei non andate più insieme da tanto, e si vede. Portatela in giro reggendo solo la briglia, fate passeggiate insieme: si riabituerà.»
«Grazie» disse lei, con un sorriso malinconico.
«Di nulla» rispose John.
Si guardarono per alcuni istanti, poi si salutarono.
Quella notte, verso l’una, Rachel era fuori a guardare il cielo: la luna grande illuminava tutto.
«Non riuscite a dormire, Miss Rachel?» chiese John, fermandosi a qualche passo.
«No. Ne approfitto per godermi la luna: stasera è bellissima. E tu non riesci a prendere sonno?»
«Avete indovinato», sorrise lui.
«Troppi pensieri?»
Il volto di John si fece serio.
«Da tre anni giro questo Paese senza trovare ciò che cerco. Negli ultimi tempi mi sembra di aver dimenticato il motivo per cui ho lasciato casa: è come se non avessi una meta.»
«E qual è il motivo, se posso?»
«Vendicare mia moglie, uccisa da un bandito durante una rapina. Non ci sono riuscito. È come inseguire un fantasma» disse, con gli occhi lucidi.
«Mi dispiace molto. Ma la vendetta non la riporterà indietro.»
«No, ma mi farà stare meglio» tagliò corto, voltandosi.
Rachel lo fermò, prendendolo per il braccio.
«Non potrai continuare così per tutta la vita. Dovrai andare avanti: è passato troppo tempo.»
Si fissarono intensamente.
«Per quale ragione dovrei farlo?» sussurrò John, sfiorandole il viso con le dita.
«Per me…»
I loro volti si avvicinarono e si scambiarono un lungo bacio appassionato.

Atto III – I Terribili Sei
Ranch Moonlight, 30 giugno 1867

Rachel e John erano usciti a cavallo. Raggiunsero una radura non lontana dal ranch, scesero e guardarono il sole calare oltre le colline.
«Ti è mai capitato di vedere questo spettacolo?» rise Rachel, tirando indietro i lunghi capelli biondi.
«Sì, ma con te è più bello» rispose John, baciandola e posandole le mani sui fianchi.
A un chilometro di distanza, qualcuno li osservava: Jeremy Stanton, membro della banda di Jimmy Dalton. Riposto il cannocchiale, montò in sella e galoppò verso il rifugio – una casa di campagna abbandonata – ad alcuni chilometri.
«Ehi, capo! Buone notizie! Ho trovato quel figlio di puttana di Galloway!» urlò entrando nell’ampio salone.
Davanti a lui, Jimmy sedeva a capotavola, col fratello Morgan e Henry Clanton ai lati.
«Ben fatto, Jeremy. Dove si trova?» chiese, soddisfatto.
«In un ranch vicino a Blackwood, non lontano da qui. Con una donna al fianco.»
«Bene, è il momento di fargli una bella sorpresa. Non appena tornano gli altri… Morgan! Henry! Un brindisi!» disse, alzando un bicchiere di whisky.
La sera del 4 luglio, Raymond era uscito a cavallo per cercare la nipote, assente dal pomeriggio. Rientrato al ranch, John disse:
«Vado io adesso. Forse so dov’è andata.»
Prese il cavallo con una lampada e tornò nella radura di qualche giorno prima.
«Rachel! Dove sei?» gridò appena arrivato.
Nessuna risposta.
Poco oltre trovò un cavallo riverso a terra, ucciso da colpi di fucile: era Virginia. Sulla sella, un foglio:
ABBIAMO LA TUA DONNA.
SE VUOI RIVEDERLA VIVA, DIRIGITI A SUD-OVEST
FINCHÉ NON TROVI UNA CASA.
PORTA LA CASSA CHE CI HAI RUBATO.
VIENI DA SOLO.
I TERRIBILI SEI.
«Come diavolo hanno fatto a trovarmi?» pensò John, sconvolto.
Rientrato al ranch, trovò Raymond pallido.
«L’hai trovata?»
«No. L’hanno rapita» disse John, mostrandogli il foglio.
«Chi sono questi “Terribili Sei”?»
«La banda di cui facevo parte. Quando c’ero anch’io ci chiamavamo “i Terribili Sette”.»
Il cuore batteva come un tamburo. Raymond andò su tutte le furie e gli assestò un pugno.
«Li hai portati tu, maledetto! Una volta risolta questa faccenda, sparisci. Domattina prendiamo quella maledetta cassa e andiamo dallo sceriffo: non usciranno vivi dallo Stato.»

Atto IV – Il trio
Blackwood, 5 luglio 1867

La mattina seguente andarono da Nathan Burke e gli spiegarono l’accaduto.
«Lo sapevo! Mai fidarsi degli stranieri!» tuonò, battendo il pugno sul tavolo.
«Adesso l’unica è assecondare le richieste, poi faremo giustizia. Quanto a te, quando chiudiamo questa storia finisci nel carcere di Yuma. Sono stato chiaro?» disse puntando il dito contro John.
«Tutto quello che voglio, sceriffo, è riportare Rachel a casa sana e salva. Però c’è un problema: loro sono in sei e noi solo in tre.»
«Nel ’36 ero a San Jacinto: niente mi spaventa» ribatté lo sceriffo, con aria d’orgoglio.
Dopo una breve discussione decisero il piano: quel pomeriggio John sarebbe andato da solo; Raymond e Nathan Burke avrebbero raggiunto di nascosto, da due direzioni diverse, il ranch abbandonato.
John giunse al ranch abbandonato verso le diciotto. Il sole era alto, soffiava un vento leggero. La tensione era forte, ma cercò di non mostrarla. Attraversò l’ingresso: nell’atrio c’erano tutti i membri della sua ex banda e, su una sedia, Rachel, con i polsi legati dietro la schiena e la bocca imbavagliata.
«Eccoti qui, finalmente, Galloway» disse Jimmy Dalton.
«Ti ho portato quello che vuoi. Adesso fai venire qui Rachel.»
Dalton spinse la donna verso John e ordinò di controllare la cassa. Verificato il contenuto, ghignò:
«Un piacere fare affari con te. Adesso vattene: le nostre strade si separano.»
John e Rachel uscirono. Davanti al cancello, sussurrò:
«Prendi il cavallo e vattene. Non è finita.»
«Che intendi?»
«Lo sceriffo vuole arrestare i tuoi rapitori.»
Dentro il ranch, Morgan Dalton brontolò:
«Non lascerai mica che se ne vada così, vero? Sei diventato un pusillanime?»
«No. Vai e fagli pagare quello che ci ha fatto» ringhiò Jimmy.
Morgan uscì col fucile e lo puntò contro John.
«Ehi, Galloway, non si scherza con i Terribili Sei!»
Stava per premere il grilletto quando un colpo lo prese alla tempia destra: cadde a terra, morto sul colpo. Era stato Raymond, appostato dietro una capanna.
Seguì una lunga sparatoria. Grazie alle loro abilità, i tre ebbero la meglio sui Terribili Sei.
Entrarono nella casa per accertarsi che fossero tutti morti e trovarono Jimmy Dalton seduto a terra, gravemente ferito.
«Galloway… mi hai ingannato due volte… che tu sia maledetto» rantolò.
John lo fissò.
«Tranquillo. Non andrò lontano.»
Dalton scoppiò in una risata e spirò.
Fuori, lo sceriffo si rivolse a John:
«Sai cosa ti attende, vero?»
John annuì.
«John Henry Galloway, nel potere conferitomi dallo Stato dell’Oregon, ti dichiaro in arresto per i reati di furto e rapina commessi come membro della banda di fuorilegge “I Terribili Sette”.»
Gli mise le manette ai polsi.
Rachel scoppiò a piangere.
«Allora non era vero che giravi il Paese per vendicare tua moglie!»
«Ti ho sempre detto la verità. È per questo che sono fuggito con quella cassa di monete d’oro: pensavo che non mi avrebbero trovato.»
Si guardarono, con le lacrime agli occhi.
«Ti aspetterò. Non importa quanto tempo servirà.»
«No… il tuo posto non è accanto a me. Devi costruire una famiglia e vivere felice: io non potrò. L’ho promesso a tuo zio Raymond e allo sceriffo. L’unica cosa che volevo era portarti in salvo.»
Nathan Burke lo prese per un braccio e si allontanarono.
«Addio, Rachel. Abbi cura di te.»
Rachel e suo zio li seguirono con lo sguardo alla luce del tramonto.
«Non ti preoccupare, tesoro: verranno giorni migliori.»
«Lo spero tanto, zio… lo spero tanto.»

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