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Senza patate saremmo più poveri

tipi di patate
Facciamo un giochino basato sui luoghi comuni. Ve l’immaginate la tavola tedesca senza le onnipresenti kartoffeln (ovvero patate)? In insalata, fredda o tiepida; in frittelle, dolci o salate; come zuppa; arrostite in padella o fritte; e via seguitando. Ve l’immaginate il cibo di strada britannico senza fish & chips (pesce impastellato e fritto e patatine fritte)? Ve l’immaginate la gastronomia francese senza le frites (patate fritte) di contorno ad un bel taglio di carne, senza le scenografiche Pommes Duchesse o senza una Soupe Parmentier (la delicata zuppa di patate porri e crema di latte – in realtà è una vellutata, anche se è possibile guarnirla con crostini – intitolata al profeta della patata nell’alimentazione)? E per tornare in Italia, fra insalate di patate, patate al cartoccio, patate fritte, purè di patate, gnocchi di patate, crocchette di patate e quel gattò di patate che, ad onta del nome francesizzante, è napoletanissimo, anche la nostra tavola senza patate sarebbe un po’ più povera. Che la patata sia americana ormai lo sappiamo (quasi) tutti, ma la sua onnipresenza sulle mense europee farebbe pensare ad un suo recepimento molto antico. E invece la patata faticò non poco ad imporsi come alimento dei ceti popolari in tempo di carestia, sempre comunque guardata con sospetto e disprezzo (era considerata al più buona come mangime), e più ancora come ingrediente nella cucina aristocratica o borghese. In Italia e Francia viene accettata come alimento soltanto fra la fine del Settecento ( e ci vorranno la Rivoluzione Francese e le guerre napoleoniche) e l’inizio dell’Ottocento. In Spagna le papas, come vennero chiamate, furono note da subito, già dal Cinquecento, ma riservate come alimento solo nel vitto ospedaliero, e destinate ai malati più poveri; in caso di emergenza, integravano il vitto dei soldati e in particolare dei marinai; in Inghilterra, dove le porterà dopo una delle sue razzie Francis Drake, alla fine del Cinquecento, divennero cibo di sussistenza, specie nelle zone più povere, e presto divennero la quasi unica derrata disponibile per le plebi rurali dell’Irlanda; quando nel 1845/48 un’epidemia di “ruggine” (la peronospora) distruggerà i raccolti, ci saranno in Irlanda migliaia di morti per fame; e centinaia di migliaia migreranno verso l’America. In un decennio la popolazione dell’isola crollo da 8.500.000 abitanti a 6 milioni (una volta intrapresa la via dell’emigrazione, la fuga dall’isola continuò: all’inizio del Novecento ormai vivevano in Irlanda appena 4 milioni di persone). La Prussia ed il mondo germanico conobbero la patata a fine Cinquecento, quando le truppe di Filippo II di Spagna le portavano con sé nelle Fiandre. La Prussia intuì le potenzialità della patata come derrata militare, anche se ci volle molto tempo perché il suo uso fosse accettato. Cosa che avverrà nel Settecento, quando peraltro, durante la guerra dei Sette anni (1756/63) Auguste Parmentier fu fatto prigioniero dai Prussiani e sperimentò il vitto a base di patate, divenendo al ritorno in Francia il più fervido apostolo della loro introduzione in gastronomia. Il tubero che veniva dall’America fu inizialmente assimilato in Europa al tartufo: come lui, cresceva sotto terra, ed ecco che le papas cominciano ad essere chiamate in Francia ed in Italia truffe o tartuffi o tartufoli; e proprio l’italiano tartufoli produrrà un francese tartufle, poi divenuto cartoufle, che ci darà il tedesco kartoffel; mentre la Francia rapidamente passerà al nome, che è rimasto, di pomme de terre (l’Austria tradurrà letteralmente in erdapfel, che nel tedesco austriaco sostituisce kartoffel). In Inghilterra si imporrà il nome potato, derivato dall’altro nome del tubero in Spagnolo, patata (che si imporrà anche in Italia), preso dall’antillano batata, col quale i nativi indicano la cosiddetta “patata americana” (come se la solanum tuberosa, nome scientifico della patata e vera e propria, non lo fosse...), o “patata dolce”, il cui tubero, più allungato, è simile a quello della patata ma il cui sapore è più dolciastro. Parmentier, come gli agronomi italiani, pensava soprattutto ad usare la patata inserendola nei sistemi alimentari codificati del vecchio continente (come era stato fatto col mais e col pomodoro, e col cacao): in particolare, pensava ad usare la sua fecola per la panificazione, cosa per la quale il nostro tubero è palesemente inadatto, anche se percentuali di patata entrarono a far parte (e ci sono rimaste) dell’impasto di quelle focacce dell’Italia meridionale che, in fondo, sono le legittime eredi del panis focaceus dei Romani. A fine ‘700, comunque, la patata è ormai legittimata anche in Francia ed Italia, dove appare nel Cuoco galante di Vincenzo Corrado (edizione 1801), che già in precedenza aveva dedicato al tubero una monografia, il Trattato delle Patate per uso di cibo, che accoglie 54 ricette di patate, più varie salse per condirle. E fra le ricette ce n’è una che accosta alla patata l’altro ancora poco usato immigrato americano: il pomodoro. Giuseppe Mazzarino
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