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Così l’Italia ha perso credibilità in Europa

Sergio Mattarella e Mario Draghi

Sergio Mattarella e Mario Draghi

L’altro giorno si è consumato in Parlamento il penultimo atto di una crisi assurda, incomprensibile che fa a pugni non con la politica ma proprio con il semplice buon senso. Ho seguito minuto per minuto la diretta televisiva dell’evoluzione della crisi ed ho assistito al disfacimento di una classe politica. Questo Paese è davvero alla frutta se, dopo aver chiamato a gran voce Draghi e avergli chiesto l’onere di salvarlo dalla bancarotta alla quale lo aveva portato Conte, ha fatto fuori la risorsa più prestigiosa che aveva a disposizione dopo che questi aveva avviato un percorso fruttuoso di riforme, restituito prestigio al nostro Paese in Europa e nel mondo, affrontato e risolto in maniera brillante i problemi della pandemia e quelli legati al PNRR. Ma quello che è grave è l’apertura di una crisi alla vigilia di una pandemia della quale si preannuncia in autunno una recrudescenza, dell’approvazione dei provvedimenti necessari per riscuotere l’ultima tranche del PNRR, ma soprattutto alla vigilia dell’approvazione della legge di bilancio che senza un governo in carica condanna il Paese all’esercizio provvisorio cioè all’ordinaria amministrazione e al blocco di qualsiasi iniziativa legislativa. No davvero, il senso di responsabilità, non quello istituzionale ma il senso di responsabilità tout court, non abita più in Parlamento che è diventato il luogo delle trappole, degli agguati, dei meschini giochi di Palazzo nel quale ciascun gruppo politico o singolo parlamentare persegue i piccoli, modesti interessi di bottega e personali senza un minimo di attenzione al bene pubblico che è stato in questi giorni il grande assente dall’aula. Mentre si sciorinavano gli interventi in aula di mille signor nessuno che straparlavano con mille banalità di cose che non sanno, che si arrampicavano sugli specchi per dimostrare di aver ragione dicendo tutto e il contrario di tutto, leggevo nel viso di Mario Draghi rabbia, disappunto, smarrimento che sembravano dire “ma chi me l’ha fatto fare ad entrare in questa gabbia di matti e di irresponsabili”. E come dargli torto?! La miccia che ha avviato questo incendio l’ha accesa Giuseppi Conte, un avvocato di provincia diventato premier per caso e senza sapere neanche lui il perché e il percome consigliato da tal Casalino ex Grande Fratello. Prendo a prestito le parole che Fabrizio De Andrè mette in bocca al suo Carlo Martello sorpreso da una disavventura amorosa di ritorno dalla battaglia di Poitiers per dire ma è mai possibile o porco di un cane che un Governo, un Parlamento, un intero Paese siano messi in ginocchio da un manipolo di sfessati e scappati di casa, di gente che la politica non sa neanche dove sta di casa e il cui posto giusto sarebbe quello di un’osteria di periferia dove si trinca a Lambrusco, di una discoteca o di un pub dove ci si fa una pizza e una birra o un mohito? Questi signori hanno avuto la sfrontatezza di non votare la fiducia ad un Governo di cui facevano parte continuando con una faccia di bronzo straordinaria a fare i ministri dello stesso governo sfiduciato dal proprio partito. E tutto questo perché hanno capito che è arrivata la fine, che manca poco perché i riflettori si spengano definitivamente sulle loro cazzate e che se ne devono tornare di nuovo tutti a casa a farsi il mohito nel bar del loro paese o a fare i dj in discoteca. E allora con lo sfascio cercano di racimolare qualche voto per essere rieletti e salvarsi lo strapuntino in Parlamento. E lo fanno alzando la voce, in un improba bile ritorno alle origini facendo da sponda ai più facinorosi e irresponsabili del movimento come Di Battista rispolverando udite udite! la grande strategia politica del “vaffanculo”. Ma i 5 stelle non sono i soli responsabili di questo sfascio poiché anche gli altri partiti in quanto a far prevalere gli interessi della parrocchia rispetto al senso di responsabilità che richiederebbe il terribile momento che sta attraversando il Paese non sono da meno. Posto che Draghi, essendo una persona seria che conosce i protocolli parlamentari imposti dalla Costituzione in casi di crisi di governo, ha fatto quello che doveva cioè è andato al Quirinale e ha rassegnato le dimissioni a seguito del venir meno della fiducia di una forza politica della maggioranza, gli altri partiti cosa hanno fatto? Salvini incalzato dalla Meloni che gli insidia con i suoi consensi crescenti la leadership del centro destra non le vuole lasciare, in vista della scadenza naturale del Parlamento, il ruolo dell’opposizione. Per questa ragione, richiamandosi strumentalmente alla “grammatica parlamentare” (lui che non conosce neanche la grammatica italiana!) ha fatto il furbo e, approfittando della cazzata dei 5 stelle, si è sfilato anch’esso dal Governo, nel quale peraltro bivaccava malvolentieri, dichiarando solennemente “Sono i 5 stelle che hanno aperto la crisi. Io prendo solo atto della fine del governo Draghi”. Il PD, dal canto suo, pur avendo sostenuto lealmente e responsabilmente Draghi, insegue i 5 stelle per mantenere in piedi il cosiddetto “campo largo” la famosa trovata geniale di Letta!, alias l’accordo con i 5 stelle (perfino con l’ectoplasma che ne rimarrà). Pur distinguendo la sua linea da Conte il PD tenta di conservarne l’alleanza per rimanere eternamente al potere senza i voti necessari. Berlusconi dal canto suo, essendo il vaso di cocci tra i due vasi di ferro Salvini e Meloni, contando nel centro destra quanto il due di briscola, ovviamente si allinea a Salvini e anche lui dice che con l’uscita dei 5 stelle il governo non esiste più e quindi occorre andare alle urne. Ora mi chiedo ancora una volta con De Andrè ma è mai possibile o porco di un cane che questi leader dei miei stivali non si rendano conto del dramma che sta vivendo il Paese con i prezzi dei generi di prima necessità che salgono alle stelle, la benzina che ha raggiunto picchi insopportabili, che ci aspetta un inverno nel quale dovremo razionare il gas per il riscaldamento, con una guerra in Ucraina che potrebbe degenerare da un momento all’altro in un conflitto mondiale, e invece di pensare agli interessi generali del Paese pensino ai piccoli interessi di parrocchia e giochino al risiko parlamentare sulla pelle degli italiani? Come fanno a non rendersi conto che la campagna elettorale per eventuali elezioni anticipate a ottobre bloccherebbe il Paese, bloccherebbe la tranche di risorse finanziarie all’Italia prevista dal PNRR e addirittura bloccherebbe il meccanismo di erogazione di questi fondi condizionato all’approvazione delle riforme di struttura già avviate o in dirittura d’arrivo che ovviamente non si potranno fare? Come fanno a non tener conto che ci aspetta non solo un autunno caldo sul piano delle lotte sociali con i salari fermi a dieci anni fa e i prezzi alle stelle ma soprattutto un autunno bollente con una pandemia che lungi dall’essere definitivamente sconfitta sta rialzando la testa e minaccia ancora una volta di trasformarsi in tragedia? E l’Italia, con i problemi che in questo momento ha in piedi in economia, politica estera, sanità, lavoro, occupazione è appesa al filo delle decisioni di gente come Conte, Patuanelli, Taverna, Dibbattista, Toninelli, Sibilia, Castelli e dj Fofò Buonafede? Questo è un paradosso che solamente nel nostro Paese può verificarsi. Ed è per questo che in Europa ci stanno ridendo addosso e sono preoccupati perché la crisi italiana non è senza conseguenze per l’Europa. In un attimo abbiamo perso la credibilità che Draghi ci aveva conquistato e l’Italia è diventato di nuovo un Paese inaffidabile. Draghi, come è noto, con il suo prestigio e la sua autorevolezza aveva fatto entrare il nostro Paese nel novero dei paesi che contano talché se fino a ieri l’Europa era una confederazione di stati a trazione franco tedesca, con Draghi l’Europa è diventata una confederazione a trazione franco-italo-tedesca e i vertici europei si fanno a tre con l’Italia mentre ieri si facevano a due con Francia e Germania. Ecco perché la Von der Leyen e l’Europa sono preoccupate perché venendo meno Draghi viene meno un pilastro fondamentale della conduzione dell’Europa. Ora non resta che il ricorso alle urne. E che Dio ce la mandi buona.  
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