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Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose: in quali casi?

Breve vademecum informativo sulla procedura disciplinata dall’art. 143 del Testo Unico degli Enti Locali

Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose: in quali casi?

Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose: in quali casi?

L’infiltrazione della criminalità organizzata nei comuni rappresenta una minaccia grave e diffusa per lo stato di diritto ed il rispetto delle più basilari regole democratiche, applicate agli organi di governo locali. Le conseguenze di questo genere di invasione degli spazi democratici, vanno ben oltre la sfera dell’ordine pubblico, compromettendo la gestione dei servizi pubblici, l’equità nelle decisioni amministrative e minando la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

Il fenomeno dell’infiltrazione mafiosa nei comuni italiani è stato oggetto di crescente attenzione e preoccupazione da parte delle istituzioni, delle forze dell’ordine e della società civile. Le organizzazioni mafiose mostrano un particolare interesse per le pubbliche amministrazioni, in modo più accentuato per gli enti locali dopo la riforma del titolo V della Costituzione, che ha conferito loro maggiore autonomia. Gli enti locali gestiscono, come noto, anche in maniera diretta, ingenti somme di denaro, che le organizzazioni criminali cercano di indirizzare, creando sistemi che puntano a sfruttare le risorse pubbliche a proprio vantaggio. Potrebbe sembrare sorprendente che una criminalità così sofisticata e globale continui a cercare di infiltrarsi in piccole amministrazioni regionali, spesso in difficoltà finanziarie. Tuttavia, la ragione principale di questo interesse risiede nella necessità delle organizzazioni mafiose di radicarsi e mantenere il controllo sul proprio territorio, dimostrando la loro volontà di far prevalere le proprie regole sulla società civile.

Le organizzazioni criminali possono infiltrarsi nelle istituzioni rappresentative delle entità territoriali in due modi principali: direttamente, quando i suoi membri o individui affiliati all’organizzazione si candidano in prima persona per cariche pubbliche, sfruttando il supporto di voti controllati dalla mafia stessa; oppure indirettamente, mediante la corruzione e/o l’intimidazione di amministratori eletti in modo legittimo. La prima forma di infiltrazione è comune in aree con una popolazione relativamente piccola, dove le organizzazioni criminali possono influenzare i risultati elettorali controllando un numero limitato di voti e ottenendo il controllo diretto dell’amministrazione locale. In questi casi, gli organismi di controllo hanno riscontrato una stretta rete di legami familiari, relazioni di parentela e frequentazioni che collegano i membri degli organi eletti, molti dei quali con precedenti penali o legami con la polizia, a membri delle consorterie criminali locali. La seconda forma di infiltrazione è comune in aree con una popolazione più numerosa, dove i voti controllati dalla criminalità non sono sufficienti per ottenere il pieno controllo politico dell’ente locale.

Invece, questi voti diventano una moneta di scambio in un complesso sistema di corruzione e intimidazione, che coinvolge politici collusi, esterni all’organizzazione criminale. Questo sistema mira a deviare l’azione amministrativa dagli obiettivi istituzionali e coinvolge non solo politici locali, ma anche funzionari pubblici, professionisti e imprenditori. Da un lato, le organizzazioni mafiose esercitano pressioni estorsive sulle imprese, e dall’altro, assicurano un flusso costante di appalti pubblici attraverso il comportamento illecito di amministratori e funzionari corrotti. L’articolo 143 del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL) disciplina appunto lo scioglimento dei Consigli Comunali e Provinciali in caso di infiltrazione o condizionamento mafioso. Di solito, questo avviene dopo un’indagine condotta da una Commissione d’accesso nominata dal Prefetto, la quale presenta le proprie conclusioni al Ministro dell’Interno. Specificatamente, la Commissione esamina attentamente l’attività amministrativa, inclusi i risultati delle indagini giudiziarie sui gruppi criminali locali e le azioni intraprese nei confronti degli amministratori locali e dei dipendenti coinvolti. Le conclusioni di questo lavoro vengono trasmesse dal prefetto al Ministro dell’Interno, che valuta se procedere con l’archiviazione o presentare una proposta di scioglimento al Consiglio dei Ministri.

In caso di scioglimento, il Presidente della Repubblica emana un decreto, specificando la composizione della commissione straordinaria incaricata della gestione dell’ente per un periodo iniziale di 18 mesi, prorogabile a 24 mesi. Al termine di questo periodo, si tengono nuove elezioni. La relazione del prefetto viene anche trasmessa all’autorità giudiziaria per l’adozione di eventuali misure preventive. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non richiede necessariamente la commissione di reati da parte degli amministratori o prove inconfutabili dei legami tra l’amministrazione e le organizzazioni criminali. Le conclusioni delle indagini, condotte dalle procure antimafia, o l’adozione di misure preventive possono costituire una base sufficiente per la proposta di scioglimento. Di conseguenza, non è essenziale attendere la conclusione del processo penale per procedere con lo scioglimento dell’ente. Ciò che conta è lo stato degli atti disponibili al momento della decisione di scioglimento del Comune. Questa impostazione è coerente con l’obiettivo preventivo dello strumento di scioglimento, volto a evitare che l’amministrazione locale resti vulnerabile all’influenza e alle pressioni della criminalità organizzata.

Ciò è avvalorato dall’orientamento prevalente secondo cui “Lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio, ma preventivo, con la conseguenza che, per l’emanazione del relativo provvedimento, è sufficiente la presenza di elementi indizianti, che consentano d’individuare la sussistenza di un rapporto inquinante tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato”.

avv.mimmolardiello@gmail.com  
www.studiolegalelardiello.it

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