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A proposito dei giovani, dei partiti e della democrazia

Nicolò Machiavelli

Nicolò Machiavelli

Caro Direttore, Come vedi il sopratitolo del mio presente intervento è “Il ghigno di Machiavelli” perché, di fronte al suo “Principe”, i politici di oggi non solo non hanno nulla recepito del suo consiglio autonomo ed onesto in favore di una terra che si deve chiamare “Patria”, ma lo hanno sconvolto e ridotto ad uso personale di interessi impetuosi. Di qui il suo “ghigno” che vuol dire: non riso amaro ma soprattutto disprezzo. Detto questo, se mi chiedi cosa ne pensano i giovani della nostra Democrazia ( lo scrivo ancora con la D maiuscola) e dei suoi connessi partiti, rispondo subito: non pensano nulla, o meglio, ne pensano male. Ripeto, i giovani, quelli che, tranne per alcuni di assoluta intelligenza autonoma, da anni la nostra Istituzione Scolastica ha coinvolto proponendo facili promozioni e vuoti di docenza, di fronte alla grande “scuola” dei milionari del calcio o alle affollatissime piazze di cantanti istrionici fonte di milioni di ben godibili scene di sorridenti proprie aperture sociali senza dimenticare le Sardine. E dei partiti? Ma di quali partiti? Neanche le ideologie e le strutturali etiche storiche? È un’affannarsi di politici contro politici, che vanno, ripeto, verso un’ideologia peraltro o inventata o inesistente. Vanno alla sovrana potenza di un posto di comando o di governo in una corsa al nuovo ed alla inconcludente creazione di un simbolo (oggi oltre cento!). La Democrazia, quella con la “D” maiuscola, è già invecchiata perché in parte tradita, rispetto a quella dei Padri Costituenti e di tante illustri Personalità nei vari campi del palcoscenico socio-etico, o in gran parte sostituita da personali interessi e ascese di potere. Di qui il “ghigno” di Machiavelli per richiamarlo alla memoria. Non è nemmeno Machiavellismo, ma pagina inconcludente e spuria del suo libro capolavoro. Ogni politico, oggi, si sente Machiavelli. Mario Draghi, l’italiano affermato in Europa e oltre, fatto fuori, perché evidente minaccia alle prossime elezioni a taluni partiti, a taluni personaggi, impazienti di arrivare al potere. Fatto fuori colui che aveva salvato tutti i partiti dal naufragio della loro incompetenza e dalla volontà di essere l’uno contro l’altro, e nel proprio inferno, dal dissidio di personale autoritarismo. Anzi, caro Direttore, si è creato un “credo” politico, un nuovo credo che non è segno di fede religiosa tesa al divino, ma è segno di un potere da conquistare, un governo da ottenere e forse un sommo Colle da espugnare! Ed è qui che si annida il vero male di una democrazia, priva di cultura vera, etica e politica, ma intenta al profitto delle poltrone, che sono ben retribuite e sempre all’attualissima ribalta mediatica e giornalistica. È un assalto al ”gap” programmatico. È tempo non di servire la terra dei padri, cioè la Patria (taluni ancora ci sono, ma messi in ombra), ma di arrivare al monopolio del proprio pensiero, che passa come ideale di un partito e non è, ripeto, se non la volontà di arrivare prima degli altri sempre se il popolo italiano ancora ci crede ed ancora va al voto! È vero “ed Un Marcel diventa Ogni villan che parteggiando viene” (Purgatorio, VI, 125-26). Così Dante nel suo alto Medioevo o basso; ma, caro Direttore, il nostro, oggi non è politicamente un “moderno” Medioevo? Neri e bianchi, gialli e verdi! Medioevo! Colori del Medioevo! Di qui il ghigno di Machiavelli!
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