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Taranto
26 Luglio 2025 - 07:31
Ex Ilva
TARANTO - Un appello formale, urgente e motivato: rinviare il voto sull’Accordo di Programma relativo all’Ilva, previsto per martedì 30 luglio in Consiglio comunale. A rivolgerlo al sindaco di Taranto, attraverso un comunicato congiunto, sono Fabio Matacchiera del Fondo Antidiossina e Alessandro Marescotti di PeaceLink. Le motivazioni alla base della richiesta sono molteplici e tutte afferenti a questioni di legalità, trasparenza e tutela della salute pubblica.
Secondo i due firmatari, al 25 luglio, data in cui l’appello è stato reso noto, il testo integrale dell’Accordo di Programma non è stato ancora consegnato ai consiglieri comunali, impedendo loro di approfondirne i contenuti e valutarne l’impatto. Un documento, si sottolinea, complesso dal punto di vista giuridico e tecnico, che rimanda al Parere Istruttorio Conclusivo di oltre 400 pagine, non disponibile pubblicamente. Questo, secondo le associazioni, vanifica ogni possibilità di deliberazione consapevole e informata, in violazione del diritto alla partecipazione sancito dalla Convenzione di Aarhus.
Nel mirino degli ambientalisti anche il contenuto dell’accordo stesso, che – si legge nella nota – rischia di riaprire l’area a caldo e riattivare gli altiforni, riportando Taranto a una fase industriale che la città ha già pagato a caro prezzo in termini di salute e inquinamento. “Non è solo inopportuno, è profondamente ingiusto e pericoloso”, scrivono Matacchiera e Marescotti, ricordando come la città soffra ancora oggi gli effetti dell’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico.
Le critiche toccano anche il tema della decarbonizzazione, che l’accordo dovrebbe incentivare. Ma, fanno notare gli autori del comunicato, non è stato ancora individuato il soggetto economico privato che dovrebbe attuarla. “Di quale transizione ecologica si parla – si domandano – se non esiste un acquirente disposto a sottoscrivere e realizzare gli investimenti previsti?”.
Non meno severa è la posizione sull’Autorizzazione Integrata Ambientale, ritenuta già carente da enti e tecnici del territorio, e che secondo gli ambientalisti viene “reintrodotta dalla finestra” nell’accordo di programma, ignorando le criticità ambientali documentate da anni.
La nota mette in evidenza anche la mancanza di dati certi sull’impronta carbonica dell’intero progetto, contraddicendo gli impegni internazionali dell’Italia sull’emergenza climatica, a partire dalla Conferenza di Parigi, e le più recenti sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ribadiscono la priorità costituzionale della tutela della salute.
Le associazioni definiscono infine “un inganno” l’ipotesi di procedere in queste condizioni, perché – affermano – si rischia di dare il via libera al riavvio degli impianti esistenti senza alcuna garanzia sull’attivazione di quelli nuovi. Un paradosso che, secondo Matacchiera e Marescotti, “svuota di significato ogni dichiarazione pubblica favorevole alla chiusura dell’area a caldo”.
Il comunicato si chiude con un avvertimento chiaro: se il voto dovesse tenersi senza i presupposti di trasparenza, documentazione e partecipazione, i firmatari annunciano l’intenzione di ricorrere alla Procura della Repubblica per valutare eventuali profili di responsabilità penale per pericolo alla salute pubblica. L’iniziativa assume quindi il valore di una diffida formale, a cui seguiranno azioni concrete in caso di mancato rinvio.
La richiesta è netta: fermare il procedimento e avviare un percorso serio, condiviso e informato, che rispetti la Costituzione, la legge e soprattutto il diritto alla salute dei cittadini di Taranto.
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