TARANTO - È tornato in aula il procedimento giudiziario sul disastro ambientale che avrebbe segnato la storia recente di Taranto. Si è infatti svolta oggi, nel Palazzo di giustizia di Potenza, una nuova udienza preliminare del processo “Ambiente svenduto”, che vede alla sbarra le responsabilità per i danni ambientali causati dall’ex Ilva tra il 1995 e il 2012, periodo in cui l’acciaieria era gestita dalla famiglia Riva.
Nel corso dell’udienza, davanti al giudice per l’udienza preliminare Francesco Valente, alcune parti civili hanno avanzato la richiesta di estendere la chiamata in causa dei responsabili civili, cioè i soggetti ritenuti eventualmente tenuti a risarcire i danni. Il giudice ha accolto le richieste solo per le parti che avevano già formalizzato la costituzione in precedenza, respingendo le istanze tardive.
Tra i soggetti chiamati in causa figurano nomi di peso, come la Società Riva e la Regione Puglia, che si sono opposti alla loro citazione come responsabili civili. I rispettivi legali hanno depositato memorie difensive per sollevare eccezioni formali e sostanziali contro la legittimità della richiesta.
Il giudice Valente si è riservato ogni decisione e ha aggiornato il procedimento al prossimo 13 giugno, data in cui, con le formalità preliminari ormai in fase conclusiva, potrebbe intervenire per la prima volta il pubblico ministero, avviando la fase più attesa e delicata del processo.
Il procedimento “Ambiente svenduto” rappresenta uno dei casi giudiziari ambientali più importanti nella storia italiana recente. Al centro delle accuse, l’omissione di interventi per limitare l’inquinamento industriale e le gravi ripercussioni sanitarie e ambientali registrate a Taranto nel corso degli anni.
La prossima udienza si preannuncia cruciale per delineare il perimetro definitivo del processo e per comprendere quali saranno i soggetti effettivamente coinvolti nella fase dibattimentale, in una vicenda che ancora oggi segna profondamente la comunità tarantina.