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L'intervento

«A Taranto politica debole, rischio recrudescenza malavitosa»

Il consigliere comunale Gianni Liviano mette in guardia dagli appetiti scatenati dalle centinaia di milioni di euro che stanno arrivando in città

Gianni Liviano

Gianni Liviano

Dal consigliere comunale Gianni Liviano riceviamo e pubblichiamo:

Per quanto indubbiamente le idee camminino sulle gambe delle persone, dobbiamo sforzarci di spostare la nostra attenzione dalle gesta occasionali dei protagonisti della scena politica e provare invece a comprendere i processi economici, sociali e culturali che caratterizzano la nostra città e riuscire a prevedere, ove possibile, la loro evoluzione futura.

Per quanto evidentemente la cronaca desti maggiore attenzione rispetto ai processi in cui essa si genera, il tema vero da affrontare non è la qualità del sindaco o dell’assessore del momento. La scelta dei nomi degli attori politici, comunque si chiamino e a qualunque partito appartengano, è sempre a valle della qualità della comunità che li esprime. Comunità sagge esprimeranno una classe politica di buon profilo, comunità deboli invece sceglieranno personaggi politici non adeguati, salvo poi pentirsene a scelta effettuata.

Ciò che conta veramente sono i processi comunitari, la loro evoluzione e le loro prospettive e non l’operato dei singoli occasionali protagonisti.

La Taranto che noi stiamo vivendo è una città dall’età media molto alta (gli over 60 sono di piu’ degli under 30), dalla evidente riduzione del numero di abitanti (solo nel 2022 il gap negativo è di 2.042 persone, con questo trend tra 93 anni Taranto sarebbe una città vuota), dal livello culturale medio molto basso e dalle solitudini diffuse (la percentuale delle famiglie composte da una sola persona è superiore alla media provincia, regionale e meridionale).

Taranto è una città che è stata abituata negli anni a vivere di appalti e subappalti (si pensi alla relazione “sottomessa” dell’imprenditoria locale con l’Arsenale prima e con l’Italisder-Ilva poi) e che ora, nelle more di un percorso finalizzato alla ricerca di prospettive di diversificazione e di uno sforzo ancora embrionale di confronto diretto con il mercato, trova negli enti pubblici il nuovo reale interlocutore economico.

In questo quadro , vanno considerati gli ingenti finanziamenti che da più parti stanno approdando agli enti locali e al comune di Taranto in particolare (oltre 860 milioni di euro solo per la just transition fund, e poi i giochi del mediterraneo, i fondi cis, oltre 600 milioni di euro già arrivati, o in arrivo, a vario titolo per fondi europei).

E mentre la presenza dell’industria siderurgica sembra ormai una vicenda in permanente crisi, bocciata da gran parte della nostra comunità, prima ancora che dal mercato, e le alternative economiche possibili (economia del mare per esempio o industria della cultura e del turismo o distretti di innovazione) non sembrano ancora pronte per garantire la solidità economica alla nostra città, è proprio l’ente comune che sta diventando, e, in virtù dei fondi in arrivo, diventerà sempre di più, la nuova madre dell’economia della città, il nuovo luogo di erogazione di appalti, la fonte da cui attingere fondi, la casa di cui diventare clienti.

Questi fondi arrivano in una città, la nostra, che non è atavicamente capace, salvo rare eccezioni che pure ci sono state, di esprimere una classe politica adulta e, d’altra parte, l’esodo dei giovani certo non contribuisce a migliorare qualitativamente la classe politica tarantina. I nostri protagonisti politici locali sono più attenti a conservare piccole rendite di consensi e di posizioni e sono poco interessati (probabilmente anche perché non sempre capaci) a farsi costruttori di visioni e scenari di futuro. Con questi interlocutori politici presi dalla smodata ansia del consenso e dalla forte aspettative di ruoli, ma tradizionalmente privi di un pensiero e di un orizzonte di senso verso cui orientare la propria azione politica, è evidente il rischio che la cultura clientelare sia destinata, nelle more dell’arrivo dei fondi di cui abbiamo parlato, a crescere ulteriormente. Con questi presupposti (tanti soldi in arrivo, politici di basso profilo e povertà diffuse) anche la presenza di gruppi di criminalità organizzata rischia di rinascere e rafforzarsi in una città, la nostra, in cui la coscienza critica appare sopita e dimessa, anche nei luoghi in cui dovrebbe brillare, perché non è mai opportuno per nessuno mettersi contro i luoghi detentori della borsa e gestori degli appalti.

Per questo necessita più del pane, una costruzione partecipata del futuro della città. Non più una gestione privatistica di pochissimi, vicini per interesse, per opportunità politica o per sottomissione culturale a palazzo di città, ma una condivisione di tanti chiamati ad esprimere la loro sulla visione di futuro e sulle modalità in cui le tante risorse in arrivo debbano essere impiegate. Se tutto rimane, come ora è, una gestione privatistica della cosa pubblica, il rischio, in un contesto politico di bassissimo profilo, di una recrudescenza malavitosa, appare davvero molto forte.

Gianni Liviano

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