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GIALLO
01 Dicembre 2025 - 06:00
Bovindo – racconti da leggere, autori da scoprire è la rubrica dedicata a chi desidera far conoscere la propria voce letteraria e condividere il piacere del racconto breve.
Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, Bovindo propone un nuovo racconto, scelto tra autori esordienti e scrittori già affermati, offrendo ai lettori uno sguardo privilegiato sulla narrativa italiana contemporanea: una finestra luminosa da cui osservare il mondo attraverso tante piccole grandi storie.
Gli autori interessati possono inviare all’indirizzo bovindo2025@gmail.com il proprio racconto indicando nome, cognome, luogo di residenza e contatto telefonico. I testi, in lingua italiana e a tema libero, non dovranno superare le quattro pagine (formato A4, file Word). Sono ammessi racconti editi o inediti, senza limiti di genere. Per ulteriori informazioni: cellulare 327 1371380. Bovindo è uno spazio aperto e inclusivo, dove la scrittura respira, il talento si riconosce e ogni voce trova il suo lettore.
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Venezia, 1423, il nove di maggio verso sera. In quello spiazzo, a quell’ora, di fronte a Ca’ Ponzia, detta Ca’ delle Mone, veementi discutevano urlando una tonaca rossa da monsignore e un giubbotto bruno da medico o alchimista.
Li avevo sentiti. Non parlavano delle tette e del culo di Ponzia, la meglio puttana di Venezia. Così, perché i capi di sestiere non intervenissero, li trascinai all’Osteria della Scrofa Marina dove, nella saletta sul retro riservata solo agli amici dell’oste, avrebbero, complici due gottini di grappa d’anice, potuto chiarirsi.
Io, intanto, attendendo che si calmassero, istruivo Tonio, l’apprendista cuoco che avevo raccomandato al taverniere, su come preparare il baba ganush, cioè l’insalata di melanzane secondo la ricetta segreta che un vecchio, a Balat, quartiere dei giudei di Costantinopoli, da dove io, marrano spagnolo, ero partito per la bella Venezia, mi aveva insegnato.
«Vedi, Tonio, cura di prendere due melanzane medie per commensale, grigliale su buona carbonella di legno di faggio. Poi togli la scorza bruciata e poni la polpa, dopo averla acconciata in piccoli tocchi, in un mortaio in pietra di giusta misura. Poi pesta e pesta la polpa sino a farne una crema.»
«Padrone, questo so farlo» disse Tonio.
«Zitto che non sai niente» lo rimbeccai. «Secondo l’uso di là, alla melanzana pestata aggiungi un cucchiaio da zuppa d’olio pugliese non filtrato e mescola bene sino ad amalgamare. Aggiungi di sale una presina, di pepe macinato una generosa spolverata. Quando la crema sarà lucida dell’olio assorbito, aggiungi un pizzico grande di rosso zafferano che darà colore dorato alla melanzana. E infine aggiungi, per sfumare, un goccio di agresto. Versa nel fangotto di terraglia smaltata, condisci con cetriolo a fette, barbabietola e spicchi di limone.»
E qui mi fermai, volgendo l’attenzione ai miei due amici, entrambi discendenti di famiglie di Templari, che dimenticavano di essere sempre sotto l’occhio dell’Inquisizione. Ma io, marrano, mi spaventavo se il languido sguardo dell’Inquisitore si posava anche solo casualmente sul mio viso.
Ero pronto alla solita disputa sboccata di bigoli e mone, ma il motivo del contendere mi fece zittire. Loci silentia late, quindi silenzioso attesi.
Diceva l’astrologo che girava voce secondo la quale Dante, il creatore della Divina Commedia, sarebbe stato portato all’onore degli altari. Risi. Era idea da bigotti, ma il monsignore, vero uomo di Chiesa, apparteneva segretamente alla congrega di Diana, la strega Domina del Zogo. E questa notizia lo irritò.
L’astrologo era uno scienziato negatore di Dio, ateo e discendente di catari. E l’unico a sapere della loro vera natura e dell’amicizia che li legava ero io, il marrano. Già vissuto come Mosè ben Absalom, giudeo, che a Salonicco aveva nutrito le loro menti con la Cabbala, Maimonide e i maestri sufi.
Ero l’amico che li aveva salvati dai genovesi durante la guerra di Chioggia. Oggi nuovamente pronto a salvarli.
Astorre Sinibaldi, astrologo e a tempo perso scienziato, sosteneva che il poema era un invito a riformare la Chiesa, e che il viaggio meraviglioso descriveva l’odissea dell’anima che, attraverso varie prove, prendeva coscienza del Divino. E forse indicava così quale itinerario dovessero seguire i peccatori per aver aperte le porte del Paradiso. Tutto ciò raccontato in lingua volgare, comprensibile a tutti, a scorno della risaputa ottusità dei chierici, avversi a illuminare le menti avide di sapere.
«Ma scusate,» dissi, «a ben leggere la Commedia vedo più peccati che beatitudini. O forse non ho capito?»
«Ma taci! Tu, marrano d’un giudeo,» scherzò Mattia il monsignore. «Certo che non vedi, intento come sei a contare i denari dell’usura.»
Non risposi. Tanto a che serviva. Pensai solo al divino poeta Dante, che aveva scritto: «Uomini siate, e non pecore matte, sì che ’l Giudeo di voi tra voi non rida!
»
Mattia il monsignore sembrò voler dire qualcosa di importante. Si versò un secondo gottino d’anice e, tracannatolo in un lampo, apostrofò rudemente Astorre:
«Imbecille amico, ma non ti rendi conto che Dante è uno stregone seguace di Diana? Basta leggere bene. Rinfrescati la memoria: rileggi Orazio e Lucano sulla dea Diana, signora delle selve, e anche Apuleio. Come scienziato dovrebbe piacerti leggere quello che la Chiesa proibisce.»
«Taci, astrologo! Non rispondere, che io sono monsignore! Ti ricordi come finiscono i poemi occitani? E le fiabe che si raccontano, e le confessioni delle strie sotto il ferro dell’Inquisitore?»
«Tu, Astorre, hai letto la Commedia di Dante. Ti basteranno perciò alcuni chiarimenti per toglierti dal viso quello stupido sorriso e capire quello che intendo quando parlo del poeta come seguace di Diana e membro della congrega. Ecco: per entrare a farne parte, questa è la via. Sin da piccolo vieni scelto. Dapprima incontri senza saperlo Diana o la sua gran sacerdotessa. In seguito, quando ad un certo momento inizi a porti domande sul tuo posto in questo mondo, incontri una guida, un sapiente, un mago che ti accompagna in un viaggio periglioso fra lande desolate, dove vieni sottoposto a molte prove e devi sconfiggere infiniti nemici. Arrivi infine a un Illuminato che ti esamina e, se ritenuto idoneo e meritevole, ti traghetta verso la strada che porta al Palazzo della Sapienza.
Lungo la strada e nel Palazzo vieni istruito. Infine incontri Diana, la Signora del Zogo, che ti svela gli ultimi misteri e ti fa rinascere come essere nuovo. Rinato e mutato nell’anima, puoi ritornare nel nostro mondo.
Considera dunque Beatrice come Diana, Virgilio come guida, Caronte il traghettatore come esaminatore, l’Inferno e il Purgatorio come la strada dell’apprendimento, il Paradiso come Palazzo della Sapienza rivelata. Là dove Beatrice, la Maestra della congrega degli adoratori di Diana, ti accoglie tra questi e, infine, coronato di sapienza e colmo della reale visione dell’universo, ridiscendi in questo mondo a portare la novella che la Domina Diana è presente.»
Per me, Mosè ben Absalom, adoratore del Vero Dio dentro e marrano cristiano fuori, quelle parole sembravano oziose speculazioni di filosofastri.
Astorre sembrava una statua di sale che bene avrebbe figurato a Sodoma, finché Mattia, preso in un vortice di esaltazione, gridò: «Noi, i fedeli della Signora del Zogo, veniamo arsi e perseguitati, e lui, il poeta che si fa beffe di noi, è considerato dai lettori degno degli altari. Ma verrà il giorno in cui i saggi, nutriti dal primigenio sapere, lo smaschereranno!»
Fu allora che Astorre Sinibaldi, finto astrologo e vero sicario dell’Inquisizione, affondò lo stiletto nel petto di Mattia. Uccidendolo, affinché la vera natura della Divina Commedia restasse segreta.
Pensai: «Dopo un monsignore morto, ora ci sarà un giudeo accoppato». Così, con la daga che tenevo nascosta, tagliai la gola ad Astorre. Misi la daga in mano a Mattia e uscii dalla stanza, urlando che i compari si stavano uccidendo.
Il taverniere mi ignorò e lasciò che fuggissi portando con me il fagotto di melanzane. Non conveniva aver ospitato un giudeo e, dopo un’occhiata alla stanza insanguinata, visto che non aveva altri avventori, chiuse la porta e andò a chiamare le guardie.

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Testata: Buonasera
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