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L'importante è la salute

di Niva Ragazzi

Bovindo

Bovindo – racconti da leggere, autori da scoprire è la rubrica dedicata a chi desidera far conoscere la propria voce letteraria e condividere il piacere del racconto breve.
Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, Bovindo propone un nuovo racconto, scelto tra autori esordienti e scrittori già affermati, offrendo ai lettori uno sguardo privilegiato sulla narrativa italiana contemporanea: una finestra luminosa da cui osservare il mondo attraverso tante piccole grandi storie.
Gli autori interessati possono inviare all’indirizzo bovindo2025@gmail.com il proprio racconto indicando nome, cognome, luogo di residenza e contatto telefonico. I testi, in lingua italiana e a tema libero, non dovranno superare le quattro pagine (formato A4, file Word). Sono ammessi racconti editi o inediti, senza limiti di genere. Per ulteriori informazioni: cellulare 327 1371380. Bovindo è uno spazio aperto e inclusivo, dove la scrittura respira, il talento si riconosce e ogni voce trova il suo lettore.


L'importante è la salute

di Niva Ragazzi

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Sono passata anche questa mattina a farmi vedere dalle agenzie temporanee.
«Ancora qua, signora? Ma le ho già detto la settimana passata che non c’è niente per lei…»
«Guardi, è inutile che passi: se c’è qualcosa per lei, la chiamiamo.»
Ho cinquantasei anni, vivo da sola, mi hanno licenziata nove mesi fa perché la ditta ha chiuso. Ho fatto le pratiche per la disoccupazione, sono andata in Comune e dall’assistente sociale.
«Non è la sola con questi problemi» – mi ha detto.
Capisco, ma devo comunque pagare l’affitto, la luce e il gas.
«Può fare le pratiche per il bonus, tenga…» – mi ha detto, e mi ha messo in mano un po’ di fogli.
Sono uscita e mi sono fermata sulle panchine del parco attorno al Comune.
Ma lo volete capire che sono stanca?
«Potevi pensarci prima» – mi dicono le mie amiche quando ne parlo con loro – «pensarci quando eri giovane e farti una famiglia…»
Certo che ci ho pensato, quando ero giovane, ma non sempre le cose vanno a finire bene.
Per me, sono andate male.
Io lavoravo e mi mantenevo da sola, ed ero soddisfatta della mia vita: avevo tanti interessi, frequentavo corsi la sera, conoscevo i gruppi della Caritas della mia parrocchia, mi permettevo anche qualche viaggio esotico con le amiche.
Ma ho perso il lavoro. Ho fatto qualche mese come temporanea, sostituzioni di maternità, accompagnamento per anziani, ma non è sufficiente per vivere.
E devo anche mangiare. Alla TV continuano a dire che bisogna mangiare frutta e verdura almeno cinque porzioni al giorno. Io però, con un chilo di mele, mi rimane una fame d’inferno: e allora mi mangio la pasta con l’olio, che costa poco e rende tanto, e poi vado al rubinetto e bevo, bevo tanta acqua.
Dicono che fa bene, bisogna bere tanto. Dicono. Forse loro non sanno che l’acqua non sazia, che anche quando hai perso il lavoro e non hai soldi, purtroppo, la fame ti rimane: una fame brutta, che ti brontola nello stomaco, e hai un bel dirti che non è vero, che è solo un’idea…
Vorresti anche tu entrare al supermercato con un bel carrello e comprarti tutto quello che ti piace.
«Sei fortunata» – mi ha detto una conoscente in chiesa l’altra domenica – «c’è gente che paga fior di dottori per fare la dieta e tu puoi farla gratis, senza fatica. Ci vuole solo un po’ di ottimismo… che sono altri i problemi veri.»
Può essere, e sicuramente ci sono altri problemi veri.
Ma a me, quando arriva mezzogiorno e sento suonare le campane della chiesa, e guardo il mio frigorifero con dentro una bottiglia d’acqua del rubinetto e quattro uova che devono bastare una settimana… ecco, mi viene da piangere.
«E se tu avessi una brutta malattia?» – mi ha detto ieri la mia vicina. – «Se tu avessi un tumore, una malattia incurabile, non sarebbe forse peggio?»
Sicuramente ha ragione: la salute prima di tutto. Ma che cosa me ne faccio della mia salute se non riesco a mantenermi?
Mi sono sempre occupata della mia salute: facevo i controlli sanitari, stavo attenta ai denti, andavo dal ginecologo e facevo le cure per l’osteoporosi, perché è importante curarsi per poter arrivare a una vecchiaia serena.
Ma quale vecchiaia serena?
Ultimamente sono terrorizzata all’idea di invecchiare: ho paura perché non so che fine farò, senza soldi.
Passo tanto tempo in casa, da sola, guardo la TV a tutte le ore del giorno e della notte, perché non riesco a dormire. Quando facevo i turni in fabbrica, crollavo dal sonno: bastava sedermi, chiudevo gli occhi e mi addormentavo. Adesso mi sento ancora più stanca, ma non riesco a dormire.
E quando arriva la sera, mi affaccio alla finestra e guardo fuori, nella piazza, la gente che passa: tutti mi sembrano allegri e senza pensieri. Poi chiudo le persiane, scaldo la mia pasta all’olio e mi metto a mangiare. E spero che domani troverò qualche inserzione di lavoro adatta a me, oppure che qualche agenzia mi chiami, magari anche solo per qualche settimana.

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